Aspetti agroforestali del territorio

L’attività agroforestale  ha influenzato direttamente il paesaggio attraverso profonde trasformazioni. Oltre ad ottemperare ad esigenze economiche insostituibili, non va dimenticato il ruolo che l’agricoltura svolge nei riguardi del paesaggio, della difesa del suolo e del presidio del territorio contro il suo degrado ed abbandono. Le strutture connesse, cascine e borghi rurali, costituiscono un elemento di caratterizzazione paesaggistica e culturale fondamentale e sono un segno di riconoscimento del territorio.

L’ irrigazione nel comprensorio viene effettuata principalmente e storicamente per scorrimento. Si obietta spesso che l’irrigazione per scorrimento impiega molta più acqua di quanto sarebbe possibile ad esempio con l’irrigazione a pioggia, ma si deve ricordare che l’acqua utilizzata a monte per l’irrigazione a scorrimento, in parte viene utilizzata nel terreno irrigato, in parte penetra nella falda che alimenta poi i fontanili e le risorgive più a valle, in parte viene ripresa direttamente a valle attraverso canali scolmatori – colatori. Quindi la stessa acqua viene riutilizzata più volte successivamente, in un sistema ambientale in equilibrio.

Molto schematicamente il territorio del V’ARCO è ricompreso in un’area  agroforestale relativamente omogenea  tra  il canale  Villoresi e la linea dei fontanili, attestata poco a Nord di Milano.

Area a Nord della linea dei fontanili

Gran parte del territorio è costituito pedologicamente da un substrato grossolano che determina un ambiente arido nonostante una forte piovosità. I terreni soprattutto nell’area più settentrionale hanno caratteristiche agronomiche ridotte per l’avvenuta dilatazione e conseguente acidificazione. A partire dalla prima linea di affioramento dei fontanili il substrato migliora come fertilità e tessitura anche per l’azione secolare migliorativa dell’uomo.

Il recupero agroforestale delle brughiere è frutto di una azione secolare di intervento dell’uomo e di applicazione di vari indirizzi. Dove la coltivazione agraria non dava grandi risultati, fin dal settecento si è intervenuto con rimboschimenti spesso di conifere (Pino silvestre), ma anche con latifoglie esotiche.

Nelle aree più argillose è stata intensa l’attività di escavazione. Ancora nel dopoguerra sono stati eseguiti rimboschimenti e parcelle sperimentali forestali.

Nell’ambito delle sistemazione agroforestale dei secoli scorsi, varie aree boscate erano destinate ad accogliere le acque meteoriche quali casse di espansione – aree di laminazione.

Sempre nel dopoguerra in queste aree si è avuto un grande sviluppo urbanistico e infrastrutturale con un notevole consumo di suolo libero. Al degrado delle aree forestali ha contribuito sino agli anni settanta anche la raccolta del terreno fertile e dello strame per le attività florovivaistiche.  Molti territori sono stati protetti anche attraverso l’istituzione di aree protette e attraverso l’apposizione del vincolo idrogeologico.

Vegetazione Forestale

La vegetazione forestale  e quella dei sistemi verdi lineari è sintetizzabile nelle  seguenti tipologie:

– bosco di latifoglie dove le specie prevalenti sono latifoglie, anche arbustive, quale Quercia, Betulla, Pioppo, Biancospino. Sono spesso presenti anche specie esotiche quali la Robinia, il Ciliegio tardivo, la Quercia rossa;

– bosco di conifere dove la specie prevalente è il Pino silvestre;

– bosco di Robinia;

– bosco di Ciliegio tardivo;

– la brughiera che presenta terreni con scarsa rinnovazione di specie forestali, ricoperti da vegetazione erbacea od arbustiva dove notevole è la presenza del Brugo (Calluna vulgaris) od altre specie di brughiera quali le Ginestre;

– superficie improduttiva naturale: sono le aree occupate da stagni, da corsi d’acqua naturali, le zone umide, anche di origine artificiale e solo periodicamente sommerse dall’acqua, le cui sponde risultano ricoperte da vegetazione naturale e spontanea.

I boschi, le coltivazioni arboree e la vegetazione naturale incide attualmente per circa 11 %  

Il contesto agricolo

Gli indirizzi produttivi sono quelli tipici dell’alta pianura padana con prevalenza dell’indirizzo foraggero – cerealicolo – zootecnico. La maggior parte dei suoli agricoli è occupato dalla coltura del mais, prevalentemente per la produzione di granella. Gli altri cereali da granella (frumento, segale, orzo) occupano superfici importanti. Il prato stabile è la seconda coltura per estensione. Oltre ai seminativi sono riscontrabili alcune colture specializzate che rivestono una certa importanza, ma che sono legate a particolari scelte aziendali: le colture frutticole e  il florovivaismo. Anche l’allevamento caprino e l’apicoltura hanno raggiunto punte di grande qualità pur mantenendosi come attività di nicchia. Molte aziende agricole vendono direttamente i propri prodotti e alcune forniscono servizi multifunzionali quali l’ospitalità e l’educazione ambientale.

Il territorio agricolo in alcune zone tra le più urbanizzate è connotato da una serie di caratteristiche che individuano porzioni più prettamente produttive e altre che lo identificano come ambito agricolo residuale fino a piccoli ristretti territori che possono assumere un ruolo fondamentale nella riconnessone fra aree naturali più estese e che proprio per la loro posizione possono venire identificate come ambiti agricoli di connessione.

Sono riconoscibili due diversi ambiti agricoli.

Ambito agricolo produttivo: caratterizzato da aziende professionali ad indirizzo maidicolo e/o zootecnico con ampia maglia aziendale e grandi campiture, scarsa presenza di siepi e filari, assenza di macchie boscate, presenza di canali o comunque di fonti di approvvigionamento idrico, presenza di cascine attive su aziende e ridotta presenza di attività extragricole.

Ambito agricolo residuale: riconoscibili per  le aziende agricole di dimensioni limitate, frammentate e costituite da appezzamenti di piccole dimensioni talvolta racchiusi fra lotti edificati, scarsa presenza di cascine attive, presenza di attività esterne all’agricoltura.

Agricoltura oggi e domani

Osservando il territorio del V’Arco è evidente che, ad eccezione delle aree agricole ad ovest, comprese e prossime al Parco del Ticino e le aree dell’ambito del Parco dell’Adda a Est, la caratteristica peculiare delle aree rurali presente ha caratteri di agricoltura periurbana; sono ambiti posti ai margini delle città, dove l’agricoltura è fortemente connessa con l’urbanizzato e le sue infrastrutture.

Le trasformazioni in atto, le pressioni dell’antropizzazione particolarmente evidenti nelle aree periurbane, provocano nel paesaggio agrario frammentazioni ed alterazioni della tessitura interpoderale storica  soprattutto per le interferenze create dalla rete viabilistica.

La pratica contemporanea tende a semplificare le attività agricole, improntando l’attività su colture estensive residue governate dalla necessità di ridurre i costi di produzione e non più come è stato per millenni, allo scopo di ottimizzare la resa per superficie coltivata.

Scompaiono così le barriere vegetali, le ripartizioni dei coltivi, le reti di strade e canali ed il paesaggio agrario si presenta ormai inesorabilmente impoverito. I caratteri costruttivi del paesaggio agrario storico si sono persi o sono ormai frammentati.

Tuttavia in molti documenti comunitari si richiama invece l’attenzione proprio su questi ambiti agrari periurbani, individuando specifiche misure di tutela e valorizzazione, sviluppando partnership rurali-urbane garantendo un approccio integrato di pianificazione (vedi Comitato economico e sociale europeo, Bruxelles, Belgio, 17/9/2004, Assemblea delle regioni di Europa, Lillehammer, Norvegio, 26/2/2008).

Nelle aree periurbane l’agricoltura è oggi condizionata dall’ambiente urbano che si sviluppa intorno ad esso e tende ad espandersi, minacciando le stesse attività agricole che devono invece essere recuperate e tutelate per limitare il consumo di suolo in quanto risorsa non riproducibile. L’agricoltura periurbana, quella riferita a zone di transizione tra aree rurali e urbane, ed i paesaggi periurbani vengono definiti ambiti residuali e marginali, sottovalutandone le potenzialità ecologiche, culturali e sociali. In riferimento ai valori ecologici essi vanno considerati come reti e corridoi verdi, frutto di una messa a sistema delle aree libere residue, senza dimenticare che i terreni agricoli abbandonati, incolti si rinaturalizzano con specie pioniere che costituiscono una significativa riserva di biodiversità; sono polmoni verdi nella metropoli.

Gli spazi ancora liberi in ambito urbano devono pertanto essere considerati per tutte le peculiarità che possiedono di carattere storico-culturale, paesaggistico-ambientale, sociale nonché agricolo-produttivo.

Le risposte possibili, promosse attraverso il Patto per lo sviluppo del V’ARCO VILLORESI, sono incentivare:  

– la multifunzionalità dell’agricoltura cioè la diversificazione dell’attività aziendale verso funzioni, come la ricreazione e la gestione ambientale e paesaggistica del territorio rurale, in grado di incrementare i redditi agricoli, garantendo spesso la stessa sopravvivenza soprattutto in relazione al ricambio generazionale;

– l’agricoltura biologica  e la vendita diretta dei prodotti ed i canali di filiera corta;

– le fattorie didattiche;

– gli agriturismi;

– la certificazione di qualità  agroalimentare; 

– i distretti agricoli ovvero sistemi produttivi caratterizzati da interdipendenze produttive delle imprese agricole e agroalimentari  che costituiscono un’opportunità di sviluppo per produzioni certificate e tutelate, per realtà agricole caratterizzate da un’identità storica e territoriale e per comparti agroindustriali ad elevata specializzazione. Nel V’ARCO  sono già presenti:
– Distretto ortofrutticolo Lombardo;
– Distretto Latte Lombardo;
– Distretto florovivaistico Alto lombardo (DIFLOAL);
– Distretto agricolo del Fiume Olona di tipo rurale;
– Distretto neorurale delle tre acque di Milano DINAMO